Il pericolo non viene dal cielo, ma dall'allarmismo

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Il Punto

di Sergio Barlocchetti

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Non c'è città al mondo la cui municipalità non abbia colto l'occasione politica di dichiararsi attenta alla sicurezza, anche di quella che secondo molti sarebbe necessaria per evitare voli pirata se non addirittura atti terroristici in aree urbane e infrastrutture, aeroporti. Chissà perché non anche porti, stazioni, stadi e parchi. Ma mentre è comprensibile come si cerchi di creare un mercato per i sistemi anti-UAS, lo è certamente meno il voler a tutti i costi amplificare un allarme inesistente.

Non è vero che le nostre città sono invase da droni fuori controllo, non è stato affatto accertato che negli aeroporti inglesi – e in uno italiano - lo scorso anno sia effettivamente stato un drone a causare danni, poiché i soli veri costi finanziari sono stati generati dall'allarmismo, e non è neppure vero che i sistemi anti-UAS schierati a Heathrow abbiano evitato altre sortite del fantasmagorico pilota pirata.

Impossibile non credere al rapporto di avvistamento fatto da un pilota d'aereo, tanto anche se questo non viene dimostrato (o erano lucciole per lanterne) la carta finisce a ingrossare l'elenco delle possibili catastrofi da sventolare in occasione dei convegni e ricerca di fondi, oppure ad amplificare l'allarme sui giornali. Vero è che prevenire sia meglio che curare, ma mai come in questo caso ci si sta agitando senza alcuna prova, ragione o evidenza di buon senso.

La realtà è infatti diversa, purtroppo per i commercianti di piccoli droni sopra i 250 grammi e sotto i 3 chili, non c'è una corsa pazza all'acquisto di un multicottero, i numeri che il comparto totalizza riflettono per lo più un atteggiamento da acquisto consapevole, e neppure stiamo a assistendo a un ritorno dell'hobby aeromodellistico, stante che attestato, ghettizzazione, assicurazione e ora la targa col codice Qr non sono proprio stati interventi a favore della diffusione di questa attività. In una città come Milano hanno chiuso il 75% dei negozi di aeromodellismo, soltanto in parte soppiantati dall'e-commerce cinese e, per i consigli e gli incontri serali che aiutavano i neofiti, dai social network.

Che in Afghanistan e Iraq i miliziani antagonisti delle forze alleate abbiano fatto ricorso a piccoli droni per compiere dei tentativi di attacco è vero, ma è altrettanto vero che gli stessi combattenti hanno rinunciato in fretta a utilizzarli scegliendo, purtroppo per i nostri soldati, ben altri metodi più efficaci.

Il problema non è l'approccio degli specialisti di Intelligence, e a ben guardare neppure quello dei costruttori di disturbatori radio e di sistemi di analisi delle trasmissioni (perché di questo si tratta, non di scienza occulta), ma dell'effetto di pressione mediatica sull'opinione pubblica e quindi sui politici di turno. Purtroppo, e specialmente in Italia, in nome della sicurezza sono state compiute le più infruttuose azioni di soffocamento di interi settori, come da sempre avviene per l'aviazione generale italiana.

E quello dei piccoli droni è tra i settori più colpiti, a partire dall'instabilità normativa che ha vanificato entusiasmo e finanze di chi ci ha creduto negli ultimi sei anni. Una notizia sconcertante, almeno per molti creduloni, è che non ci vuole un genio hacker per realizzare un oggetto volante che arrivi a destinazione senza GPS o radiocomando, e questo da solo è un fatto che rende completamente inutile qualsiasi sistema anti-drone che non sia un potente raggio laser in grado di friggere l'elettronica di bordo da almeno 500 metri di distanza (esistono eccome, made in Israele e Usa).

Dunque prima di pensare a come NON far volare i droni sulle città e all'effetto ansia che viene trasmesso a sindaci, assessori e cittadini, sarebbe opportuno invece mostrare come un drone anche di piccole dimensioni POSSA aiutare la cittadinanza. Non organizzando dimostrazioni pirotecniche, ma rendendo noto che un SAPR è innanzi tutto un efficace strumento di lavoro al pari di altri usati in edilizia, agricoltura, finanche per lo sport. Che non finiremo a dar la caccia alle macchine automatiche come nel film Terminator e neppure a piazzare cannoni a radiofrequenza agli angoli delle strade. Tutto il resto è un pacchiano tentativo di sfruttare la paura della gente per fare affari.

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*Professionista del settore aviazione da 27 anni, ingegnere aerospaziale, giornalista professionista e pilota. Ha ricoperto il ruolo  di Flight Test Engineer e Project Manager in ambito manned e unmanned. Ha fatto parte della redazione del mensile Volare per 18 anni e ha esperienza di pilotaggio su aeromobili leggeri ed executive. Attualmente ricopre l’incarico di direttore tecnico di un'azienda aeronautica internazionale ed è docente di materie tecniche presso la scuola dell’Aeroclub Milano.

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