L'anno che verrà

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Il Punto di Sergio Barlocchetti.

Sarà che la fine dell'anno porta inevitabilmente a fare dei bilanci, oppure che sotto le feste il mondo dei droni italiano è abituato a interrogarsi su alcuni temi classici come i danni da regali natalizi (fate i bravi, non scagliatevi al parco pubblico sotto casa pur di far volare il dronetto), o l'attesa di almeno un emendamento al regolamento nazionale. Sta di fatto che in queste giornate frenetiche l'attenzione all'evoluzione del settore non vola oltre capodanno, o al massimo ci si augura una sua stabilità, anche soltanto per un breve periodo.

Nel frattempo però, quanto Dronitaly andava già predicando un paio d'anni fa si sta avverando. Diventa sempre più alta la probabilità che presto, per alcune (ristrette) tipologie di riprese amatoriali o professionali, i piccoli droni diverranno inutili o quasi, soppiantati da mini videocamere stabilizzate e innovativi oggetti per riprese volanti o meno. E' il caso del DJI Osmo Pocket e dell'applicazione ad esso associata DJI Mimo, che se usate nel pieno delle loro potenzialità consentono di riprendere con definizione 4k, 60fps a 100 Mbps, oppure scattare fotografie da 12 megapixel. E, volendo, non occorre neppure uno smartphone per usarlo, perché l'oggetto è dotato di un piccolo schermo.

A questo punto i lettori si divideranno in due squadre. La prima dirà che in fondo non si tratta d'altro che di una videocamera portatile, seppure miniaturizzata e tecnologica, una cinepresa; alla seconda apparterrà chi capisce che questo è un inevitabile passo verso i WVD, sigla che sta per Wearable Video Device, congegni indossabili per le riprese. Se poi presto potranno anche volare, distaccandosi fisicamente dalla mano umana, è soltanto questione di tempo e di evoluzione delle batterie o, meglio, di quella dei super condensatori che forniranno l'energia necessaria al posto delle attuali celle ricaricabili. Un pericolo per gli operatori di macchine leggere? Un'altra grana per i piloti di trecentini oltre all'entrata in vigore del regolamento comunitario? Al contrario, una grande occasione per imparare a utilizzare al meglio un – quasi – nuovo oggetto, sviluppando attraverso fantasia e competenza il proprio modo di fare riprese, ovvero creare il valore aggiunto che soltanto l'uomo, e non la macchina, sanno dare a un'opera come un video o una fotografia.

Ed anche l'unico valore in grado di essere riconosciuto e pagato da un committente. La ricerca dei congegni indossabili non si fermerà a qualcosa di maneggiabile, come non si fermerà quella per adottare soluzioni aerodinamiche complesse finora appannaggio di madre natura. Come le penne remiganti, appendici d'estremità delle ali che consentono di variare le caratteristiche di volo orientandole appositamente, presenti in diversi rapaci ed efficacissime nel caso dei condor. Ci stanno lavorando gli australiani del Royal Melbourne Institute of Technology (RMIT, vedi foto), ma il nostro compianto Angelo D'Arrigo alle superfici mobili non convenzionali c'era già arrivato vent'anni fa e le aveva sperimentate su un deltaplano pilotato da lui in persona. Ecco, forse l'anno che verrà potrebbe essere quello giusto per spingere e promuovere la ricerca. Non tanto in ambito europeo, dove i colossi come Airbus si accaparrano e drenano la maggior parte dei fondi, ma in piccolo, senza troppo clamore. Fino a quando non arriva il momento di usare bene il Web per mostrare al mondo i risultati.

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*Professionista del settore aviazione da 27 anni, ingegnere aerospaziale, giornalista professionista e pilota. Ha ricoperto il ruolo  di Flight Test Engineer e Project Manager in ambito manned e unmanned. Ha fatto parte della redazione del mensile Volare per 18 anni e ha esperienza di pilotaggio su aeromobili leggeri ed executive. Attualmente ricopre l’incarico di direttore tecnico di un'azienda aeronautica internazionale ed è docente di materie tecniche presso la scuola dell’Aeroclub Milano.

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