Poche ciance e barra dritta

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Il Punto

di Sergio Barlocchetti

Quanto emerso la scorsa settimana a Roma, a margine del Workshop voluto e organizzato da ENAC sulle prospettive e la transizione al nuovo regolamento EASA, è soltanto la fotografia dei tempi in cui viviamo, scattata nel mondo degli aeromobili a pilotaggio remoto.

Sir Alex Issigonis, progettista del secolo scorso (1906-1988, il padre della Morris Mini Minor), aveva coniato una frase perfetta per casi come questi, un postulato applicabile all’attuale minestrone composto dal regolamento italiano e quello europeo: “Si tratta di un cammello, ovvero di un cavallo fatto da un comitato”.

Un modo elegante per dire che in tanti, per interessi e finalità varie, hanno messo il becco in qualcosa di cui si ha scarsa conoscenza e, di conseguenza, un grande e ingiustificato timore. Dal tecnico preoccupato a non arrestare l'avanzata tecnologica, al rappresentante commerciale con premio sulle vendite a fine anno, fino al capo politico che “rabbrividiva” al sol pensiero che queste macchine potessero un giorno volare sulla testa dei cittadini, e che per questo ha impiegato sei anni (!) per formulare, riformulare e comprendere i concetti generali di approccio proporzionale al rischio. Come se in aviazione fosse una novità.

Dunque, in attesa di ricevere qualche emendamento dalla nostra autorità aeronautica nazionale (entro l'estate, promesso...), al posto di urlare allo scandalo potremmo trarre una serie di considerazioni utili comportandoci da piloti quali ci riteniamo ancora d'essere, nonostante le decisioni di Bruxelles, Strasburgo e Colonia.

PRIMO: il regolamento nazionale è lungi dall'essere superato. Rimane in vigore e siccome finalmente cominciava a funzionare, teniamocelo stretto finché non farà proprio a pugni con quello comunitario. Poi decideremo, considerando che i francesi, per esempio, con le regole aeronautiche fanno sempre quello che vogliono. Quindi se siete indecisi riguardo ad iscrivervi o meno a una scuola di formazione, riflettete su come sia meglio che a insegnarvi qualcosa sia chi è in possesso di un'esperienza certificata rispetto a quanto potrete ottenere accreditandovi online. Chi è iscritto a un albo professionale e quindi soggetto ad aggiornamento continuo, sa che i corsi online non possono assicurare né che l’utente online sia poi a tutti gli effetti colui che piloterà il drone e tanto meno che per superare i test l’utente non si avvalga dell’aiuto di Google.

SECONDO: non siamo obbligati da chicchessia ad accogliere il nuovo impianto legislativo comunitario tout-court, anzi. Come abbiamo fatto con le radio aeronautiche possiamo decidere di rimandarne l'applicazione per un bel po', e intanto vedere che cosa accadrà alle elezioni europee. Vedi mai che a prendere posto a Bruxelles non vada qualcuno meno terrorizzato dei droni e meno ignorante in materia. Speranza vana, ma lasciatecela.

TERZO: a ben guardare il nostro regolamento è migliore perché ha avuto una gestazione lunga, e sebbene la parte dedicata alla formazione dei piloti sia migliorabile quanto semplificabile, nessuno ci impedisce di farlo.

QUARTO: l'Europa può aver anche deciso che i droni aeromodelli saranno oggetto di registrazione, ma deve comunque fare i conti con la realtà. Sarei proprio curioso di vedere come la pensa uno spagnolo che gioca sui pendii della Sierra Morena, oppure un greco tra le sue isole. L'Europa ancora non ha coscienza del fatto che non viviamo tutti in città e che non tutte le campagne sono “parchi industriali” come quelli attorno a Colonia o Monaco di Baviera. E se qualcuno pensa che decine di migliaia di persone correranno a registrarsi beh, si metta il cuore in pace. Lo faranno in massa se sarà facile, gratuito e soprattutto se converrà.

QUINTO: inutile lamentarsi che all'entrata in vigore del regolamento europeo qualcuno senza patentino né formazione potrà volare nei CTR o negli ATZ, magari tra i palazzi. Ad inventare la classe dei Trecento grammi siamo stati noi, dunque anche se i mezzi utilizzabili “ingrasseranno”, ogni lamentela sarebbe una manifestazione di ipocrisia.

SESTO: l'addio alla visita medica per quasi tutti gli operatori non è cosa da poco. Non credo passerà così, nel senso che almeno un certificato simile a quello della patente auto sarebbe giusto averlo, ma le possibilità di divenire piloti o operatori per chi ha determinate patologie oggi considerate invalidanti è un grande passo avanti.

SETTIMO: il bollino CE. Su questo punto la cosa più importante non saranno i requisiti necessari per ottenerlo, dal momento che esiste una norma di riferimento, bensì il fatto che questa applicazione fa a pugni con la possibilità di costruirsi da sé un APR per poi lavorarci. In effetti, a una prima lettura delle carte potrebbe sembrare un'imposizione molto rigida. Ma non dobbiamo dimenticare che ENAC ha tra le sue norme la circolare NAV15F che consente a un cittadino italiano di costruirsi persino un aeromobile per volarci con chi vuole. Ed è evidente che non impiegheremmo più di un paio di mesi a farne una per i droni.

OTTAVO: finalmente entro l'estate avremo le regole d'ingaggio e i requisiti per la formazione dei piloti come per la dotazione degli UAS relativamente al traffico BVLOS. Non si può più rimandare, siamo indietro rispetto al resto del mondo ed è inutile spingere politicamente una nazione all'industria 4.0 o alla connettività veloce delle rete 5G se poi non possiamo utilizzare questi strumenti per lavorare. Le scuse per temporeggiare sono finite ed è anacronistico vedere per le strade auto a guida autonoma o piene di sistemi Adas e non un quadricotterino che porta una busta.

NONO: nessun centro di addestramento chiuderà, ma pensare che per sopravvivere nel rapido Mondo APR non era necessario evolvere alla stessa velocità è da stupidi. Il BVLOS è una grande occasione, ma lo sono anche le possibilità di insegnare materie utili alla professione.

DECIMO: ricordiamoci sempre che ENAC ed EASA siamo noi. Ovvero persone che devono prendere decisioni ma che a differenza nostra potrebbero non essere così appassionate al settore o conoscerne ogni sfaccettatura. Bisogna sapersi parlare senza mai perdere di vista i ruoli e soprattutto rispettandosi. Che poi in EASA o a Bruxelles ci sia chi imiti il generale Landi, del borbonico Re Francesco II, incitando i suoi con “Facite a' faccia feroce”, lo sappiamo. Ma resta pur sempre un incitamento lanciato a truppe sgangherate e senza munizioni per dare a intendere ciò che non si è. Prima di lasciare, forse presto, la poltrona.

Info sul workshop e presentazioni disponibili al link seguente:

ENAC.GOV.IT

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*Professionista del settore aviazione da 27 anni, ingegnere aerospaziale, giornalista professionista e pilota. Ha ricoperto il ruolo  di Flight Test Engineer e Project Manager in ambito manned e unmanned. Ha fatto parte della redazione del mensile Volare per 18 anni e ha esperienza di pilotaggio su aeromobili leggeri ed executive. Attualmente ricopre l’incarico di direttore tecnico di un'azienda aeronautica internazionale ed è docente di materie tecniche presso la scuola dell’Aeroclub Milano.

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